Alla scoperta degli aspetti geologici, paleontologici ed archeologici di un settore dell’Appennino abruzzese compreso tra Alba Fucens e Marsia
06 50074827 - 06 50074745 stefania.silvestri@isprambiente.it; rita.pichezzi@isprambiente.it
Nel corso dell’escursione verranno illustrati i principali eventi avvenuti durante lo scorrere del tempo geologico e storico, in un territorio dell’Appennino abruzzese di elevato pregio sia per gli aspetti naturalistici, in particolare quelli geologici e paleontologici, sia per il suo prezioso patrimonio culturale, artistico e archeologico, le cui testimonianze sono ancora oggi ben conservate e apprezzabili.
Il settore di Appennino abruzzese attraversato dall’itinerario proposto è caratterizzato da un’evoluzione paleogeografica e strutturale particolarmente complessa e articolata, ricostruita attraverso lo studio delle rocce affioranti e delle forme osservabili. La sua storia inizia durante l’era mesozoica quando il territorio in esame era il fondo di un mare tropicale di acque basse, simile a quello delle attuali barriere coralline, dove si sedimentavano delle successioni in prevalenza carbonatiche generate attraverso processi di natura chimica e biologica. Tale sedimentazione quindi avveniva in un ambiente di piattaforma carbonatica, dove i fondali erano costituiti da sabbie calcaree bianche e da fanghi carbonatici, derivanti per la gran parte da frammenti di gusci di organismi.
A questa fase evolutiva segue una lunga interruzione dei processi sedimentari (denominata “lacuna paleogenica”), che riprendono nel Miocene quando l’area viene di nuovo sommersa dalle acque marine ed avviene la deposizione di rocce calcaree, calcarenitiche, marnose, argillose e arenacee in ambienti di mare da poco (rampa carbonatica) a molto profondo (bacino).
In tali ambienti proliferava una grande varietà di organismi planctonici e bentonici, una minima parte dei quali si è conservata attraverso complessi processi di fossilizzazione e si ritrova attualmente all’interno delle rocce. Tra i fossili più rappresentativi degli ambienti di piattaforma carbonatica troviamo le Rudiste, molluschi bivalvi caratteristici per la forma bizzarra della loro conchiglia. Tale conchiglia infatti è costituita da due valve ineguali, che possono raggiungere dimensioni fino ad alcuni decimetri. Esse comparvero nel Giurassico superiore, raggiunsero una grande importanza nel Cretacico e si estinsero alla fine di quest’ultimo periodo. Tali organismi insieme a molte specie di microfossili potranno essere osservati sull’altipiano di Marsia, frazione di Tagliacozzo.
Nell’intervallo cronologico compreso tra il Miocene superiore e il Pliocene inferiore, dinamiche interne alla Terra di enormi proporzioni determinarono la strutturazione in catena dell’Appennino, ossia le successioni litostratigrafiche che si erano depositate fino a quel periodo sul fondo del mare vengono sollevate, piegate e accavallate le une sulle altre a formare il complesso edificio che costituisce l’attuale catena appenninica.
Dalla sommità del colle sul quale si sviluppa l’abitato di Albe, punto panoramico di estremo interesse, è possibile avere una visione d’insieme di un paesaggio composto da diversi elementi di carattere geologico, geomorfologico, naturalistico e archeologico che saranno analizzati e interpretati, anche al fine di individuarne i processi genetici, l’età di formazione e la storia evolutiva del territorio.
Presso Albe si potranno visitare i resti archeologici della città romana di Alba Fucens, colonia romana fondata nel 303 a.C., racchiusa da un'imponente cinta fortificata in opera poligonale, e la preziosa Chiesa di S. Pietro in Albe edificata dai Benedettini all’inizio del XII secolo, su un tempio italico dedicato ad Apollo del III secolo A.C., che rappresenta uno dei monumenti più importanti della Regione Abruzzo per l’architettura e l’arredo decorativo.
Inviare email a: stefania.silvestri@isprambiente.it o rita.pichezzi@isprambiente.it
Organizzatori Stefania Silvestri, Rita Maria Pichezzi, Mariagrazia Rossi (ISPRA Servizio Geologico d'Italia); Riccardo Cestari (STRATA GeoResearch); Simone Fabbi (Università "Sapienza" di Roma); Rita Fracassi